RIABILITAZIONE PROPRIOCETTIVA DELLA CAVIGLIA


Dopo un trauma distorsivo della caviglia spesso, dopo la guarigione clinica, si trascura tutta la fase di "guarigione sportiva", ossia quella fase in cui l'atleta riacquista la capacità di eseguire nuovamente i gesti tecnici dello sport praticato, e spesso questo comportamento è causa di recidive del trauma o di ridotta efficienza funzionale.

Nella rieducazione della caviglia dell'atleta dopo un infortunio, una fase molto importante è senza dubbio quella di stimolazione "propriocettiva" della struttura che ha subito il trauma.

I recettori propriocettivi sono recettori nervosi estremamente specializzati e sono presenti in numero elevato nelle strutture articolari, soprattutto su legamenti e capsula.

Il loro compito è quello di inviare continuamente informazioni sullo stato di stiramento di tali tessuti per permettere al nostro sistema nervoso di reagire in modo adeguato ed estremamente rapido con contrazioni della muscolatura, idonee a stabilizzare l'articolazione e quindi conservare i rapporti articolari stessi, anche in situazioni dinamiche particolarmente stressanti per la caviglia. Tali recettori forniscono anche informazioni al cervelletto, insieme ai recettori visivi, vestibolari e uditivi, necessarie per il mantenimento dell'equilibrio nello spazio.

Nel piede i propriocettori si situano in particolare sulla capsula e sui legamenti dell'articolazione tibiotarsica, sottoastragalica e metatarso-falangee del primo dito: zone "fondamentali" per una dinamica ottimale in stazione eretta.

In seguito ad un trauma , la lesione di alcune fibre capsulari e tendinee, l'insorgenza di edema delle strutture e gli stimoli dolorosi alterano il sistema di feed-back "stimolo propriocettivo-risposta neuromuscolare", aumentando i rischi di recidive a carico dell'articolazione colpita.

Diventa fondamentale per lo sportivoo, recuperare nel minor tempo possibile le capacità propriocettive e stimolarle per restituire all'articolazione traumatizzata la piena efficienza e funzionalità.

La rieducazione neuromuscolare della caviglia e del piede generalmente passa attraverso fasi diverse, nelle quali gli stimoli proposti all'atleta subiranno un incremento per quantità e qualità; sarà inoltre importante variare il più possibile gli stimoli stessi cambiando i parametri del movimento (asse, "range" e velocità).

Per la rieducazione propriocettiva si utilizzano solitamente piani instabili, quali le tavolette Freeman, ma molto altro è possibile fare sfruttando l'uso di semplici attrezzi, stimoli manuali indotti dal terapista e il carico del paziente stesso sia in acqua che in palestra.

Di seguito viene proposta una metodica di rieducazione propriocettiva neuromuscolare utilizzando gli esercizi tradizionali.

FASE INIZIALE

La rieducazione propriocettiva deve essere iniziata precocemente, anche quando ancora al paziente non è concesso il carico sull'arto traumatizzato. In questa fase gli esercizi sono eseguiti da seduto, ad arto quasi completamente "scarico".

Esercizio 1 - Appoggiando il piede leso su una tavoletta tipo Freeman a mezzelune (con un solo asse di movimento), si esegue il movimento di flesso-estensione (mezzelune ad orientamento longitudinale) della caviglia, mantenendo un range angolare in cui non sia presente dolore. Il movimento è lento, graduale e controllato per tutto l'arco di esecuzione. Si effettuano 10-20 ripetizioni.

L'esercizio si ripete variando l'asse di movimento (orientare le mezzelune della tavoletta trasversalmente, con obliquità a destra e poi a sinistra. Si introducono così i movimenti di prono-supinazione e inversione-eversione per poi passare all'uso della tavoletta a base semisferica che permette movimenti combinati (circonduzione).

Le esercitazioni vengono effettuate dall'atleta anche ad occhi chiusi, per esaltare le qualità propriocettive non più coadiuvate dall'apporto visivo.

Esercizio 2 - In questa fase può diventare importante l'uso della terapia manuale (controresistenze), nella quale il terapista stesso può percepire la qualità della risposta neuromuscolare dell'atleta, variando sempre gli schemi di movimento proposti.

FASE INTERMEDIA A CARICO LIMITATO

In questa fase gli esercizi proposti in precedenza, vengono eseguiti dall'atleta in piedi, con il piede sano poggiato al suolo e quello infortunato sulla tavoletta. Il carico sul piede traumatizzato viene aumentato progressivamente sempre comunque in un range di assenza di dolore.

Si inizia il lavoro in acqua dove grazie alla spinta idrodinamica, è possibile anticipare gli esercizi in ortostatismo a pieno carico. A tal proposito ecco alcuni esercizi da eseguire in acqua.

Esercizio 3 - Inizialmente semplici affondi e/o piegamenti e distensioni sugli arti inferiori, a occhi chiusi, dove le piccole instabilità che si generano durante l'esecuzione (proprio a causa dell'assenza della visione) sono in grado di stimolare la risposta dei propriocettori.

Esercizio 4 - Si effettuano gli esercizi 2 -3 sulle tavolette di Freeman, visti prima, in carico stavolta bipodalico e con gli occhi prima aperti e poi chiusi.

FASE FINALE

A questo punto vengono proposti esercizi con carico sugli arti inferiori sempre maggiore e introdotti esercizi dinamici, dove oltre ai movimenti attivi e precisi eseguiti in precedenza, viene chiesto all'atleta di mantenere l'equilibrio in situazioni di sempre maggiore "instabilità".

Si ripetono gli esercizi sulle tavolette sia in appoggio bipodalico che monopodalico, eseguendo, oltre ai movimenti attivi della caviglia, anche dei piegamenti sugli arti inferiori, cercando in questo caso di mantenere orizzontale la tavoletta stessa durante il piegamento. Le tavolette utilizzate hanno una superficie d'appoggio sempre minore e quindi aumenta l'instabilità e quindi la difficoltà dell'esercizio che, se eseguito ad occhi chiusi raggiunge livelli di impegno molto elevati.

Esercizio 5 - L'atleta in appoggio monopodalico su una tavoletta, deve mantenere la posizione ad occhi chiusi, mentre il terapista imprime piccole spinte destabilizzanti sull'atleta, da diverse direzioni; l'esercizio si ripete a vari gradi di piegamento degli arti inferiori.

Esercizio 6 - L'atleta in appoggio monopodalico su una tavoletta , mantiene l'equilibrio a gradi diversi di piegamento del ginocchio, quindi esegue esercizi con l'arto superiore (ad esempio lanciare una palla contro il muro e riprenderla). Oltre all'effetto destabilizzante, si distoglie in tal modo l'attenzione dall'arto infortunato automatizzando le risposte neuromuscolari.

Esercizio 7 - L'atleta esegue alcuni balzi prima con atterraggio su due piedi e poi su un piede solo, sul tappeto elastico e sulle tavolette; il balzo viene eseguito da varie direzioni in avanti, in direzione obliqua, di lato e così via. Per ultimo vengono effettuati dei percorsi composti da tavolette diverse e tappeti elastici, nei quali l'atleta balza da una superficie all'altra.

GRADUALITà e VARIABILITà

Gli esercizi illustrati sono solo una parte di quelli possibili, ma spiegano bene quale deve essere la filosofia del lavoro di riabilitazione propriocettiva, che vede nella gradualità e nella variazione degli stimoli il suo punto di forza.

Gli atleti necessitano di questo tipo di esercitazioni non solo per recuperare da un trauma, ma anche come prevenzione degli eventi distorsivi molto frequenti in sport come la pallavolo, il calcio, il basket: i risultati ottenuti incoraggiano a proseguire questo tipo di lavoro preventivo.